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Le bugie del disoccupato

crazy-emotion-eyewear-2015.jpgA volte siamo proprio dei gran bugiardi. Roba che Pinocchio, rispetto a noi, ce l’ha piccolo.

Il naso.

La paura di essere additati come nullafacenti, la vergogna, e tutte le stigmate sociali che conosciamo, ci porta spesso a mentire circa la nostra condizione.

Io l’ho fatto più di una volta. Anche ieri.

Ovviamente queste bugie funzionano solo con le persone con cui non abbiamo un rapporto particolarmente stretto.

Personalmente, negli ultimi mesi, ho affinato l’arte della vaghezza: “ma sai, faccio qualche lavoretto ogni tanto…quello che trovo“; “porto avanti qualche collaborazione“; “mi è appena (da mesi) scaduto il contratto e adesso mi godo qualche giorno di vacanza“; “ho diversi colloqui nei prossimi giorni“; “forse ho trovato un lavoro, ma non preoccuparti, niente di serio“; “sto vagliando varie possibilità“.

Dillo. Forza. Puoi farcela.

Ok.

“Sono disoccupato”.

E invece no, non te lo dico. Sono cavoli miei.

Però faremmo meglio a dirlo. Per almeno due motivi.

Primo, perché saremmo più a nostro agio con noi stessi e capiremmo, improvvisamente, che l’essere disoccupati non è un marchio che si stampa sulla nostra anima. E’ semplicemente una condizione transitoria (per quanto lunga possa essere) che è inerente a ciò che facciamo (o non facciamo), non a ciò che siamo.

Secondo, perché tra le nostre conoscenze potrebbe esserci qualcuno che possa darci qualche contatto utile. E, se c’è una cosa che ho capito attraversando la giungla del mercato del lavoro, è che i contatti contano più del curriculum.

E allora gridiamolo tutti insieme: siamo disoccupati!

 

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