Praticamente dal momento esatto in cui veniamo estratti dalla pancia in cui beatamente ci godevamo il nostro letargo pre-vita, veniamo indotti a credere in determinate cose.
C’è tutta una serie di credenze che l’essere umano ha fantasiosamente costruito, forse per far tacere poppanti che frignano, forse per noia, forse per alimentare speranze perdute.
In ogni caso, specie da piccoli, la nostra mente viene plasmata dall’immaginazione, e questa viene sostenuta dalle storie che ci vengono raccontate. E quindi i genitori si inventano teatrini degni del miglior Tonio Cartonio pur di apparire credibili.
E allora finiamo per credere a Babbo Natale, alla Befana, a Dio, ecc.
Sì, ho appena paragonato Babbo Natale a Dio.
Crocifiggetemi pure.
Dicevo: siamo tutti vittime di un processo di manipolazione che inizia da quando siamo neonati.
L’aspetto stupefacente di questo giochino è che, dopo esserci formati delle credenze, veniamo puntualmente messi davanti alla realtà dei fatti: non erano vere.
“Pucci pucci, stanotte viene Babbo Natale che ti porta i regali!
Pucci pucci, ti cade il dente e viene il topolino che ti porta i soldi!
Quando sarai maggiorenne potrai fare come ti pare!
Quando avrai la patente potrai andare dove ti pare!
Quando sarai laureato potrai trovare lavoro!”
Ma sono tutte illusioni. La realtà è che sono tutte credenze fasulle, credenze di truciolato, credenze di Ikea.
Non esistono traguardi, non esistono salvatori.
La fatica che si fa per “indottrinare” i bambini incastrandoli in circuiti prestabiliti che, poi, nemmeno gli portano risultati in linea con le aspettative, viene successivamente riutilizzata per smontare quegli stessi bambini una volta cresciuti.
Cioè: prima ti convinco in tutti i modi che la tua vita sarà così, poi mi diverto a distruggere tutte le certezze su cui avevi basato la costruzione della tua vita.
Per il lavoro funziona esattamente in questo modo: quante volte ci è stato detto “laureati, arricchisci il curriculum, impara le lingue, e poi farai carriera”? Troppe, fino alla nausea.
La verità è che non è vero.
E prima ce lo mettiamo in testa, prima ci riapproprieremo di una sana fantasia, non basata su aspettative, per costruire credenze più sane, più nostre, più autentiche, sulle quali fondare un’esistenza piena e il cui valore non dipenda da un direttore delle risorse umane qualsiasi.
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