Ho fatto uno stage all’estero presso un’istituzione europea, che per ovvie ragioni non nominerò.
Per me è la prima esperienza nel settore pubblico, e al di là dell’assoluta inutilità dello stage in termini di impegno concreto (sono stato abbandonato a me stesso), è stato però molto utile per comprendere le dinamiche di questo mondo fatato, fatto di gnomi e fattucchiere, di principesse e di scarpette di cristallo. E di sprechi.
Le persone che lavorano nelle istituzioni europee guadagnano bene, molto bene. E perdono il contatto con la realtà.
Oltre ad avere un lauto stipendio, dispongono anche di numerosi benefit: sconti sull’acquisto di beni, benzina senza tasse, voli in business class per trasferte, etc.
Ma la cosa che più mi ha colpito è che l’orientamento generale dell’ente sia portato, più che a fornire servizi effettivamente utili, a giustificare la propria stessa esistenza.
Mi spiego meglio.
Quando a 14 anni chiediamo a mammaepapà 20 euro per uscire, se poi tornando a casa gli diamo indietro 10 euro che non abbiamo usato, la prossima volta, invece di darcene 20, ce ne danno 10.
Così, per evitare la restituzione del denaro, e soprattutto per evitare che all’uscita successiva il budget si riduca, l’obiettivo è spendere tutti i soldi che ci vengono dati, anche per cazzatelle inutili.
Ecco, per gli enti pubblici funziona esattamente così: la commissione stabilisce un budget da affidare ad un determinato ente, sulla base di una previsione di spesa, e l’ente, alla fine del periodo relativo al budget, si impegna ad esaurirlo. Se non facesse così, all’erogazione successiva, l’ente subirebbe un taglio dei fondi.
Quindi, che cosa accade? Che se l’ente si rende conto che gli avanzano dei soldi, comincia a spenderli per cose assolutamente inutili, pur di dimostrare che effettivamente li usa, così da riottenere in seguito la stessa cifra. Insomma, deve giustificare il budget a qualunque costo, letteralmente.
Il pubblico funziona così, che ci piaccia o no. E ovviamente a me fa schifo. Soprattutto considerando che sono soldi della gente.
Ma tornando al mio stage: non ho imparato niente, ho passato intere giornate al computer senza nessun compito da fare (pur sollecitando ripetutamente l’affidamento di qualche incarico e dando la mia totale disponibilità, oltre che facendo proposte), e le poche mansioni da svolgere erano completabili in pochissimo tempo.
Tra gli aspetti positivi: aver provato un’esperienza professionale all’estero, in un contesto internazionale, arricchendo il curriculum, e aver capito come funzionano certe dinamiche.
Anche se poi la mia domanda è: che arricchimento del curriculum è, se poi alla voce che compare sul foglio non corrisponde nessun tipo di competenza acquisita? Voglio dire, tra prima e dopo questa esperienza non è cambiato niente. Avrei potuto scriverlo sul curriculum anche tre mesi fa, e avrei avuto le stesse competenze di oggi.
Sembra un gioco al massacro, fondato su regole astratte e totalmente slegate dalla realtà, in cui tutti, intimamente, sanno che non ha alcun senso, ma anche che in fondo rappresenta l’unica via possibile.
Incastrati in una commedia surreale.
Prigionieri. Ostaggisti.