Sarò un immaturo, un debole, un disadattato, un bamboccione, un choosy, quello che volete.
Ma da quando sono entrato nel mondo del lavoro (in realtà sono ancora fermo alla reception) la mia vita è diventata un inferno.
In un mondo dove il lavoro costituisce non solo la fonte di sostentamento, ma anche un pezzo della tua identità, non riuscire a realizzarsi professionalmente ha ripercussioni pesantissime sulla psiche delle persone.
Non solo non guadagno denaro: io non so più chi sono.
Non capisco come sono arrivato a questo punto.
Non so cosa sia successo, cosa si sia inceppato nel meccanismo della mia esistenza.
Scegli un ambito, ti formi, studi, fai stage su stage, fai esperienze all’estero, ti ingegni, inventi qualcosa, ti aggiorni, aggiusti il tiro. Eppure rimani fermo.
Rimango fermo.
Ad oggi non so cosa ne sarà della mia vita.
Non lo sa nessuno, certo. La vita è imprevedibile per tutti.
Ma non riuscire più nemmeno a immaginarsi un’alternativa credibile a questo andazzo surreale è ciò che più mi spaventa.
Mi sveglio ogni giorno sapendo che sarà una lotta contro tutto e tutti, contro chi non crede in me, contro chi vuole pagarmi una miseria, contro chi sa vendersi meglio di me, e contro tutti i mostri interiori che questa condizione ha contribuito a generare.
Già, perché non bastava una situazione ambientale a dir poco ostile: a farmi compagnia, da quando sono “entrato” nel mondo del lavoro, ci sono anche sensi di colpa, attacchi di panico, ansie, paranoie.
Ma l’aspetto peggiore di tutti, anche peggio delle extrasistoli, è il non sapere con chi prendersela. Se non altro, trovare un nemico garantirebbe una valvola di sfogo per l’insoddisfazione.
Ma con chi me la devo prendere? Con i politici che non contano più un cazzo? Con il “sistema“? Con il capitalismo? Con le generazioni precedenti? Con i miei concorrenti? Con me stesso? Con chi?
È solo una guerra tra poveri, ma senza morti: solo eterni moribondi.
Siamo piccioni che si azzuffano per una briciola in più.
E ognuno si fa i cazzi propri.
Chi trova un posticino se lo tiene ben stretto e tiene il culo al calduccio.
Per gli altri c’è solo silenzio. Solo rassegnazione.
Un esercito di disillusi che non sa più che fare, che non sa più che dire, che non sa più urlare, che non sa più perché vivere.
Un deserto emotivo che è peggio della guerra civile.
Buon primo maggio un cazzo.