
Nelle mie sortite quotidiane su LinkedIn ho cominciato a soffermarmi su come interagisce la gente nei commenti sotto i vari post. E mi sono accorto che è una modalità del tutto diversa dagli altri social.
Se su Facebook e Instagram laggente si scanna senza ritegno, oscillando tra frasi sgrammaticate, insulti e bestemmie (e i produttori di pop corn ringraziano), su LinkedIn assistiamo alla sagra del perbenismo.
Eh sì, su LinkedIn diventiamo brave persone.
Come per magia, sembra di entrare in un mondo fatato:
<<Complimenti per l’ottimo lavoro! 🙂 >>
<<Davvero un spunto interessante, cara Carla 🙂 >>
<<Giovanni, il tuo impegno è encomiabile, perfettamente in linea con i valori che condivido 🙂 >>
🙂
🙂 …
Praticamente è la versione social di ciò che avviene in un colloquio di lavoro standard. Cioè, si indossa la maschera del bravo lavoratore, per trasmettere un’immagine di affidabilità, professionalità, sanità mentale.
Che poi magari non è una maschera, magari uno è veramente una brava persona. Incredibile eh?
Solo che su LinkedIn sembra che il tutto abbia un secondo fine. Sembra un’opera di lecchinaggio marketinghizzato. O marketing lecchineggiante.
LinkedIn è un po’ il Tinder del lavoro: devi sembrare più interessante e figo/figa di quello che sei.
Ma come biasimare? Di questi tempi, per trovare un lavoro si è disposti a tutto.
Anche a diventare persone per bene.